giovedì 26 aprile 2012

I SEGRETI DEL NEUTRINO

I SEGRETI DEL NEUTRINO
IN UN LIBRO DI FRANK CLOSE


“Di tutte le cose che costituiscono l’Universo le più comuni e insieme le più bizzarre  sono i neutrini”. Inizia così, come una favola, il libro che Frank Close, fisico teorico dell’università di Oxford, ha dedicato alla particella elementare più pazza della Fisica, (“Il Neutrino” – Raffaello Cortina).
Si tratta della “cosa più vicina al niente che esista”, così l’ha definito, quasi un fantasma, ma che da mezzo secolo fa parlare di sé, come in questi giorni in cui la sua presunta superiore velocità rispetto quella della luce è stata definitivamente negata.
 “Dove eravate il 3 febbraio 1987, alle 7,30 di Greenwich?- Ci
chiede Close in uno degli ultimi capitoli del suo libro - Io stavo facendo colazione, intanto senza che me ne accorgessi un potente scroscio di neutrini attraversava i miei cornflake”. Quel mattino di febbraio l’ondata di neutrini che investì letteralmente il nostro Pianeta proveniva dall’esplosione di una stella morente, lontana 170.000 anni luce, nella grande Nube di Magellano. Ma non ce ne siamo accorti.
Di taglia piccolissima e di massa pressoché nulla, i neutrini, precisa Close, sono quasi inafferrabili.
Osservati soltanto a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, ancora oggi sfidano la nostra comprensione, nonostante siano i mattoni più comuni dell’Universo. Essi infatti si producono spontaneamente nei processi radioattivi sulla Terra, nei reattori nucleari, nelle spettacolari esplosioni che avvengono nel Cosmo e soprattutto nella fornace del Sole, che emette in pochissimi secondi più neutrini di quanti granelli di sabbia ci siano nel deserto e nelle spiagge di tutto il mondo.
 Si tratta di una germinazione spontanea, che avviene nel momento in cui i nuclei atomici radioattivi si trasformano in altri atomi, dando origine al cosiddetto “Decadimento beta”, come lo chiamò il suo scopritore e  teorizzatore, il grande fisico viennese Wolfgang Pauli, nel 1930.
Egli fu il primo ad accorgersi che in tale processo avveniva una vera e propria”trasmutazione” da un elemento ad un altro, che ricordava i processi alchemici. Una mutazione che avveniva senza    alcuna causa, scaturente dalla natura della sua globalità, dando origine ad una particella non preesistente nel nucleo “più di quanto un latrato preesista in un cane”.

Il libro di Close, di facile lettura anche per i non addetti ai lavori, racconta le delusioni e i successi imprevisti di tutti coloro che si sono lanciati in una caccia a volte caparbia, per riuscire a catturare questa preda sfuggente e carpirne i segreti.
 La scoperta di Pauli fu poi confermata sperimentalmente anni dopo da Enrico Fermi, che le diede un nome. Dapprima la chiamò “piccolo neutrone”, per differenziarla dal neutrone vero e proprio, in seguito col nomignolo di “neutrino”. E quando Fermi tentò di pubblicare un articolo sull’argomento, uno dei pezzi più importanti di fisica teoria scritti dal grande scienziato, inviandolo alla principale rivista scientifica in lingua inglese, Nature, se lo vide rifiutare dal direttore, perché gli era stato comunicato che conteneva speculazioni troppo lontane dalla realtà. “Una cinquantina d’anni dopo, il comitato direttivo avrebbe ammesso che quella fu la più grande cantonata che la rivista avesse mai preso.(Nella foto, Wolfgang Pauli).

Nessun commento:

Posta un commento